Colesterolo cattivo? O solo un capro espiatorio perfetto?

Per anni ci hanno detto che uova e grassi saturi ci avrebbero mandato dritti dal cardiologo. Ma se il vero colpevole fosse lo zucchero... e il colesterolo solo una distrazione utile a vendere farmaci?

Una bugia ben raccontata

C’è una narrativa che ci è stata inculcata a forza: il colesterolo è cattivo, punto. Un dogma scolpito nella pietra, insegnato ovunque, dalla scuola alla TV, fino all’ambulatorio del medico. Ma da dove nasce questa convinzione? Dagli anni ‘50, quando un certo Ancel Keys – sì, lo stesso del famoso “studio dei sette Paesi” – decise che i grassi animali erano il nemico pubblico numero uno… basandosi però su dati “selezionati” con cura chirurgica, scartando tutto ciò che non confermava la sua tesi. Un metodo scientifico decisamente creativo.

Da lì è partita una delle più grandi campagne di demonizzazione alimentare della storia: via uova, via burro, avanti margarina (idrogenata), cereali raffinati e “light” ovunque.

Il risultato? Un popolo più infiammato, più malato, più dipendente da farmaci. Ma guarda un po’: proprio in quegli anni nasce l’alleanza silenziosa tra l’industria alimentare e quella farmaceutica. Una ti fa ammalare, l’altra ti “cura”. Un business perfetto, confezionato con tanto di linee guida ufficiali.

Il colesterolo, che in realtà è fondamentale per produrre ormoni, vitamina D, membrana cellulare e cervello, è diventato il capro espiatorio universale. La soluzione? Una dieta sbiadita e le statine: una pillola a vita, anche per chi non ha mai avuto un infarto. Nessuno però si chiede: perché mai il corpo dovrebbe produrre l’80% del colesterolo se fosse una sostanza dannosa?

La verità è che ci hanno raccontato una versione comoda e redditizia della storia. Ma l’altra metà – quella che parla di zuccheri, infiammazione sistemica, stress ossidativo e interessi miliardari – è stata occultata sotto il tappeto. Solo che ora il tappeto è corto, le crepe iniziano a vedersi e sempre più medici, ricercatori e persone comuni stanno iniziando a farsi qualche domanda scomoda. Era ora.

I centenari che rovinano la narrativa 

C’è un piccolo, fastidioso dettaglio che manda in crisi la favoletta del “colesterolo cattivo”: i centenari. Già, quelle persone che vivono fino a 100 anni (e oltre), spesso con un quadro lipidico che farebbe svenire qualsiasi cardiologo ortodosso. Diversi studi lo confermano: molte persone longeve hanno colesterolo alto, non basso. E non solo: non hanno mai preso statine, non hanno seguito diete light, né bandito uova o burro. Al contrario, hanno vissuto con semplicità, spesso mangiando secondo le tradizioni del proprio territorio, ricche di grassi buoni e cibi veri. Una vera spina nel fianco della medicina mainstream e del business da miliardi che ci gira intorno.

Il colesterolo alto, in questi casi, non è un nemico: sembra piuttosto un alleato. Perché? Perché il colesterolo svolge un ruolo chiave nella riparazione dei tessuti, nella funzione immunitaria, nella produzione di ormoni steroidei e nella protezione contro i radicali liberi. È un antiossidante naturale, soprattutto nei soggetti più anziani, dove una sua carenza è correlata a fragilità, declino cognitivo e depressione.

Eppure, nonostante queste evidenze, si continua a criminalizzare il colesterolo come causa primaria di malattie cardiovascolari, ignorando che l’infiammazione cronica e l’insulino-resistenza giocano un ruolo ben più determinante. Insomma, chi ha il colesterolo troppo basso – soprattutto in età avanzata – vive meno e si ammala di più. Ma questa parte della storia non fa comodo, non vende pillole. E allora viene taciuta.

Ma i centenari esistono. Camminano, raccontano, ricordano. E con il loro sangue “fuori norma” smentiscono decenni di allarmismo costruito ad arte. Forse, invece di metterli a tacere, dovremmo iniziare ad ascoltarli.

Le statine: cura o problema?

Per anni ci hanno propinato le statine come se fossero il Santo Graal della prevenzione cardiovascolare: “abbassi il colesterolo e vivi più a lungo”, una formula magica servita senza domande. Ma la realtà è molto più sfumata — e più scomoda da raccontare. Migliaia di pazienti in tutto il mondo riportano effetti collaterali tutt’altro che trascurabili: dolori muscolari cronici, stanchezza inspiegabile, perdita di memoria, disturbi cognitivi, abbassamento della libido e un aumento significativo del rischio di sviluppare diabete di tipo 2. E non sono leggende metropolitane: questi dati esistono, sono noti, ma sistematicamente minimizzati.

Le statine non curano. Non agiscono sulle cause profonde dell’aterosclerosi, come l’infiammazione cronica, l’insulino-resistenza, lo stress ossidativo. Non insegnano a muoversi di più, a ridurre lo zucchero o a dormire meglio. Abbassano solo un numero, il colesterolo totale, e lo fanno inibendo un processo naturale del corpo: la produzione di mevalonato, precursore del coenzima Q10. Il risultato? Una silenziosa compromissione della salute cellulare e mitocondriale, soprattutto nei tessuti a più alta richiesta energetica — cuore, cervello, muscoli.

E allora perché vengono prescritte con tanta leggerezza, perfino a chi non ha mai avuto un evento cardiovascolare? Perché i confini tra medicina e industria si sono fatti pericolosamente sottili. Ogni volta che le linee guida abbassano i “valori soglia” di colesterolo, milioni di persone in più diventano automaticamente pazienti. E ogni nuova “epidemia” di colesterolo alto fa decollare le vendite di farmaci. È un gioco di numeri — e di profitti.

Le statine non saranno il demonio. Ma non sono nemmeno quel toccasana preventivo che viene pubblicizzato. Chi le assume merita trasparenza, non propaganda. Perché la vera cura comincia dalla verità — non dal marketing.

E se il problema fosse altrove?

E se il vero colpevole non fosse mai stato il colesterolo? Se invece fossero gli zuccheri raffinati, lo stress cronico, il sonno scarso e la vita sedentaria a mettere realmente a rischio cuore e arterie? È molto più scomodo dirlo. Perché per abbassare gli zuccheri nel sangue non c'è una pillola miracolosa (o almeno non ancora abbastanza redditizia). Per ridurre l’infiammazione sistemica serve cambiare stile di vita, ripensare il modo in cui ci muoviamo, mangiamo, respiriamo. E questa, per il sistema, è una richiesta troppo “costosa”.

La narrativa è semplice e comoda: il colesterolo è alto? Colpa del burro. Hai l’LDL sopra la media? Maledette uova. Ma nessuno osa toccare l’elefante nella stanza: l’insulina fuori controllo, figlia di un’alimentazione moderna fatta di zuccheri invisibili, picchi glicemici continui e dipendenza da carboidrati. Nessuno dice che è la sindrome metabolica a devastare il sistema cardiovascolare. Perché? Perché non si cura con una pasticca.

Incolpare un uovo è facile, rieducare alla salute è faticoso. Ci vuole impegno, informazione, senso critico. E così è stata creata una guerra mediatica ai grassi sani, mentre si lascia indisturbata l’invasione silenziosa di merendine, cereali “fitness”, bibite zero zuccheri piene di dolcificanti, barrette “light” e junk food travestito da salutare. Il marketing ha vinto dove la medicina ha scelto di stare in silenzio.

Nel dubbio, continuiamo pure a puntare il dito contro l’uovo al tegamino. È più semplice, più redditizio… e soprattutto lascia tutto esattamente com’è.

Una scelta alimentare più consapevole 

È ora di rimettere le cose al loro posto: il grasso non è il nemico. Non lo è mai stato. Il corpo umano è progettato per funzionare con i grassi buoni, li utilizza per costruire ormoni, proteggere il cervello, nutrire le cellule e assorbire vitamine essenziali come A, D, E e K. Eppure per decenni ci hanno convinto del contrario, condannando alimenti come uova, burro, formaggi, carni sane, mentre promuovevano margarina e biscotti “light” come se fossero la chiave per il paradiso cardiaco.

Il risultato? Oggi abbiamo milioni di persone con colesterolo basso, ma malate, depresse, stanche croniche e infiammate. Perché il problema non era il colesterolo, ma tutto il resto: zuccheri, conservanti, additivi, farine raffinate, stress cronico. Il vero crimine è stato trasformare il cibo in un nemico e la chimica in una soluzione.

È tempo di riabilitare il colesterolo. Di smettere di trattarlo come un criminale da sopprimere. È tempo di tornare a mangiare cibo vero, quello che non ha bisogno di etichette pubblicitarie, né di timbri “salutistici” approvati da qualche comitato sponsorizzato.

Il nemico è altrove: è in chi ha trasformato il mercato alimentare in un laboratorio chimico, e in chi guadagna con la pillola dopo averti fatto ammalare con lo snack. 

Una dieta fatta di alimenti integrali, nutrienti, naturali, anche ricchi di grassi sani, è un atto di ribellione. È rivoluzionaria. Perché non arricchisce chi specula sul tuo malessere, ma ti restituisce energia, lucidità e autonomia. E ogni volta che scegli cosa mettere nel piatto, decidi da che parte stare.