La pasta: mito Italiano da sfatare

La pasta: mito Italiano da sfatare

Un simbolo nazionale che non nutre (e può danneggiare) 

Quando pensiamo alla cucina italiana, la prima immagine che ci viene in mente è un piatto di pasta fumante. È ovunque: a scuola, a casa, al ristorante, nello svezzamento dei bambini. È quasi un’icona religiosa. Ma ci siamo mai chiesti se la pasta faccia davvero bene? O è solo un’abitudine culturale difficile da mettere in discussione?

 

In questo articolo sfateremo, con dati alla mano, il mito della pasta come alimento "fondamentale", mostrando perché sia un cibo povero di nutrienti, ad alto impatto glicemico e potenzialmente dannoso, soprattutto se consumato quotidianamente e in età evolutiva.

1. La pasta è un alimento “vuoto”

La pasta è prodotta da farina di grano raffinata (semola o farina 00), da cui viene rimosso il germe di grano, ovvero la parte più nutritiva del chicco. Il germe contiene vitamine del gruppo B, vitamina E, acidi grassi essenziali e fitonutrienti. Quello che resta è principalmente amido (zucchero complesso) e una quota proteica modesta e di bassa qualità biologica¹.

> Nota: anche le versioni integrali da supermercato spesso non contengono il vero chicco intero, ma solo crusca reintegrata, con scarso valore nutritivo.

 

2. Spinta insulinica e picchi glicemici

Mangiare un piatto di pasta equivale, dal punto di vista metabolico, a un’esplosione di zuccheri nel sangue. Il suo indice glicemico è elevato, specie quando è ben cotta (e i bambini raramente la mangiano “al dente”).

 

Risultato?

- Stimolazione eccessiva dell’insulina  

- Sbalzi glicemici  

- Fame ricorrente dopo poche ore  

- Potenziale infiammazione di basso grado cronica  

 

Nel lungo periodo, un’alimentazione basata su alimenti come pasta, pane e altri derivati del grano può contribuire a resistenza insulinica, aumento di peso e alterazioni metaboliche anche nei bambini².

 

3. Nei bambini: perché è un problema serio

Proporre la pasta ogni giorno nei primi anni di vita crea dipendenza da carboidrati, appiattisce la varietà alimentare e priva il bambino di nutrienti essenziali per la crescita.

Alcuni rischi documentati:

- Carenze di zinco, ferro, proteine complete  

- Scarsa densità nutrizionale del pasto  

- Disbiosi intestinale favorita da amido raffinato³  

- Predisposizione a disturbi metabolici precoci (obesità infantile, iperattività, disattenzione)

 

4. Ma “mio nonno mangiava pasta ogni giorno”...

Sì, ma:

- Il grano di allora non era quello di oggi, molto meno raffinato e manipolato

- Lo stile di vita era attivo, non sedentario

- La pasta era un piatto della domenica, non della quotidianità

 

5. Le alternative (davvero nutrienti)

Esistono opzioni meno processate e più equilibrate:

- Miglio, quinoa, grano saraceno, amaranto  

- Riso integrale o semi-integrale  

- Porridge d’avena  

- Patate dolci  

- Legumi interi o in pasta (pasta di lenticchie, ceci, fagioli rossi)

Tutti questi apportano fibre reali, proteine più complete, micronutrienti e non provocano picchi glicemici così marcati.

 

6. E lo svezzamento?

Lo svezzamento italiano è tristemente centrato su:

- Pastine e farine di cereali raffinati  

- Creme di riso  

- Pane e biscotti “per bambini” (ricchi di zucchero)

Tutto questo costruisce un microbiota intestinale povero, riduce l’esposizione a cibi veri, e insegna al bambino che la pasta è il piatto principale della vita. Un errore enorme.

 

7. Perché crediamo ancora che sia fondamentale?

La risposta è semplice: tradizione, marketing e pigrizia alimentare.

Le pubblicità, l’industria e la cultura popolare continuano a ripeterci che “la pasta dà energia”, che è “buona per tutti” e che “fa parte della dieta mediterranea”. Ma la scienza attuale ci dice il contrario.

 

 

La pasta è un alimento non necessario, poco nutriente, iperglicemico e sopravvalutato. Mangiarla ogni tanto non è un crimine, ma proporla ogni giorno, specie ai bambini, è un’abitudine che non regge più alla luce delle evidenze scientifiche.

Se fa male, perché te la consigliano ancora?

A questo punto una domanda sorge spontanea: se la pasta non nutre davvero, se ha un impatto glicemico alto, se è priva dei nutrienti originari del grano… perché molti dietologi e nutrizionisti continuano a consigliarla? Perché la troviamo ancora nei piani alimentari "equilibrati", perfino per i bambini?

 

La verità è scomoda, ma reale:  

Gran parte della formazione universitaria in ambito nutrizionale in Italia è vecchia, sorpassata, e spesso influenzata da linee guida standardizzate che non tengono conto della qualità degli alimenti ma solo delle quantità caloriche o dei macronutrienti “teorici”. Per molti professionisti, la pasta è ancora vista come “carboidrato complesso”, punto. Nessuno mette in discussione la raffinazione, il contenuto reale di zuccheri, la perdita dei micronutrienti, né tantomeno l’effetto infiammatorio che può avere in chi ha intestini già stressati o nei bambini in fase di sviluppo.

 

E poi c’è l’abitudine culturale.

Consigliare la pasta significa non scontrarsi con la resistenza del paziente italiano medio, che la considera un diritto acquisito. Toglierla, invece, significa educare, spiegare, rompere schemi. Richiede tempo, empatia e aggiornamento. E non tutti sono disposti a farlo.

 

Ma chi lavora davvero per il benessere delle persone non può più ignorare l’evidenza. 

La pasta non è un male assoluto, ma non è nemmeno un bene necessario. È un compromesso culturale, non un pilastro nutrizionale.

Chi ha il coraggio di dirlo – anche tra i professionisti – sta aprendo una strada nuova. Gli altri, continuano a riempire i piatti… e le farmacie.

 

¹ “Nutritional loss during wheat processing”, Journal of Food Composition  

 

² “High Glycemic Index Diet and Metabolic Syndrome in Children”, Nutrients, 2020  

 

³ “Refined carbohydrates and gut health”, Gut Microbes Journal